Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

martedì 22 febbraio 2011

20. INSEGNANTI EFFICACI - Francesco Callegari

In questi giorni stiamo analizzando gli esiti delle prove Invalsi nelle nostre scuole. La somministrazione di prove oggettive identiche in tutta Italia dovrebbe restituire uno spaccato sui livelli di competenza acquisiti dagli alunni in italiano e in matematica nel corso del primo ciclo di istruzione. Questo tipo di rilevazione valuta solo una parte di quanto gli alunni hanno appreso, limitandosi ad alcune competenze cognitive e tralasciando tutto un ventaglio di competenze affettive, relazionali, sociali e prosociali che concorrono senza dubbio a formare globalmente l’uomo e il cittadino.
Detto questo, però, è necessario chiederci se noi, come docenti, siamo attrezzati per rispondere alle istanze formative di una generazione di ragazze e ragazzi che, Invalsi o non Invalsi, sembrano spesso poco interessati alle nostre lezioni.
In ogni processo di insegnamento-apprendimento vi sono alcuni presupposti pedagogici da tenere presenti: istruzione ed educazione sono i due pilastri su cui poggia il nostro lavoro di formatori, e su entrambi i versanti dobbiamo essere preparati e competenti per essere insegnanti efficaci. Il saper tenere una classe non è un optional per un docente: non basta conoscere la propria materia, bisogna anche saperla insegnare, e saperla insegnare significa possedere gli strumenti didattici e metodologici adatti a interessare i ragazzi. Ed è ovvio che una classe interessata è una classe attenta, mentre una classe non interessata è una classe che crea problemi.
Sappiamo benissimo che senza un interesse specifico, concreto e immediato nessun apprendimento è possibile, ma allo stesso tempo sperimentiamo ogni giorno quanto sia difficile interessare i ragazzi che vengono a scuola. Solo se l'alunno riuscirà a trovare un senso in ciò che noi gli proponiamo, potrà essere coinvolto nel processo di apprendimento: il difficile consiste proprio nel far diventare l’apprendimento un processo significativo per l’allievo.
La sfida è personale e professionale: ciascun docente deve essere consapevole delle proprie necessità formative. Scrive Roger Abravanel nella sua rubrica sul Corriere.it (leggi l'articolo) che "è ormai dimostrato che la qualità di ogni sistema educativo dipende dalla qualità degli insegnanti, e non da quanto si spende e dalla dimensione delle classi”.
E’ ormai giunto il momento di metterci onestamente di fronte alla realtà: i ragazzi non sono più quelli di una volta e solo i docenti che hanno saputo re-interpretarsi nel loro nuovo ruolo stanno ottenendo risultati soddisfacenti sia sul versante degli apprendimenti sia su quello delle relazioni. Io sono sicuro che dal punto di vista della crescita professionale, molti tra i nostri docenti si stiano aggiornando personalmente sui contenuti della propria disciplina attraverso corsi di formazione specifici, la partecipazione a convegni e a seminari, la lettura di riviste specializzate, lo studio della letteratura scientifica più aggiornata.
Ma a fronte di questo sapere non tutti i docenti conoscono o sono in grado di mettere in atto quei meccanismi metodologici e didattici indispensabili a far nascere nei ragazzi la voglia di apprendere.
Le discipline scolastiche offrono una vasta gamma di saperi e di informazioni, ma non sempre gli studenti sono in grado di stabilirne significati e connessioni: è necessario pertanto aiutare i ragazzi ad acquisire sin dai primi anni della primaria un metodo di studio che li guidi e li orienti nell’organizzazione della massa incredibile di informazioni che quotidianamente li bombarda. Reuven Feuerstein afferma che noi impariamo in modo più efficiente quando il processo di apprendimento è mediato. Il mediatore è colui che aiuta l’alunno a interpretare gli stimoli e ad attribuire significato alle esperienze. Esperienze significative che dovranno essere tarate sul potenziale cognitivo di ciascuno per raggiungere il massimo livello di apprendimento.
Daniel Pennac ci parla proprio di questo quando nel suo Diario di scuola scrive:
“Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica”.
E allora, sarà necessario attrezzarci per diventare guide del sapere oltre che trasmettitori di conoscenze, mediatori culturali oltre che istruttori disciplinari, stimolatori di processi oltre che elaboratori di programmi.
La formazione e l’aggiornamento giocheranno, a questo punto, un ruolo fondamentale. Se siete d’accordo con me, la nostra parola d’ordine sarà: meno progetti e più formazione. Le nostre risorse, sia di tempo sia economiche, saranno orientate all’acquisizione e alla sperimentazione di efficaci strategie relazionali, di tecniche per favorire l’acquisizione di un valido metodo di studio personale, di analisi dei processi educativi al fine di rispondere sempre più e sempre meglio ai bisogni formativi dei nostri ragazzi.
Francesco Callegari
Dirigente Scolastico
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