Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

NEWS

Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

mercoledì 28 settembre 2011

I PENSIERI DEL PAPALAGI - Capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa


Tuiavii, un saggio capo indigeno delle isole Samoa, compì un viaggio in Europa agli inizi del XX secolo, venendo a contatto con gli usi e costumi del "Papalagi", l'uomo bianco. Ne trasse delle impressioni folgoranti che gli servirono per descrivere l'uomo occidentale al suo popolo.


"Il Papalagi [l'uomo bianco] pensa così tanto che pensare per lui è diventata un'abitudine, una necessità, addirittura un obbligo. Riesce solo con difficoltà a non pensare e a vivere con tutte le sua membra insieme.
Spesso vive solo con la testa, mentre tutti i suoi sensi sono profondamente addormentati. Anche se va in giro, parla, mangia e ride. Il pensare, i pensieri, che sono i frutti del pensare, lo tengono prigioniero. È una specie di ubriacatura dei suoi pensieri. Quando il sole splende bene nel cielo, pensa subito: «Come splende bene!». E sta sempre lì a pensare come splende bene. Ciò è sbagliato. Sbagliatissimo. Folle. Perché quando splende è meglio non pensare affatto. Un abitante delle Samoa intelligente distende le sue membra alla calda luce e non sta a pensare niente. Accoglie in sé il sole non solo con la testa, ma anche con le mani, i piedi, le gambe, la pancia, con tutte le membra. Lascia che la pelle e le membra pensino da sole. E queste da parte loro pensano, anche se in modo diverso dalla testa. Il pensare sbarra il cammino al Papalagi in molti modi, come un blocco di lava che non si può scansare. Pensa lietamente, ma poi non ride; pensa cose tristi, ma non piange. Ha fame, ma non coglie frutti di taro. È per lo più un uomo con i sensi che vivono in inimicizia con lo spirito: una persona che è divisa in due parti.
La vita del Papalagi somiglia molto alla situazione di un uomo che fa un viaggio in barca alla volta di Savaii e che quando ha appena lasciato il porto pensa: quanto mi ci vorrà per arrivare a Savaii? Pensa, ma non vede il piacevole paesaggio che attraversa con il suo viaggio. Ora gli si presenta sulla sinistra il dorso di una montagna. E non appena il suo occhio lo coglie, non può fare a meno di pensare: «Cosa ci sarà dietro la montagna? Ci sarà una baia profonda o stretta?» Preso da questi pensieri dimentica di cantare insieme agli altri le canzoni del mare; non sente neanche gli allegri scherzi delle fanciulle. Si è appena lasciato alle spalle il dorso della montagna e la baia, quando lo tormenta un nuovo pensiero: ci sarà una tempesta entro sera? Proprio così, se entro sera ci sarà una tempesta.
Cerca nel cielo chiaro scure nuvole. Pensa sempre alla tempesta che si potrebbe abbattere su di lui. La tempesta non arriva e raggiunge Savaii senza danni. Però è come se non avesse compiuto il viaggio, perché i suoi pensieri erano sempre lontani dal suo corpo e fuori dalla barca".
Papalagi, Discorsi di Capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa 

martedì 27 settembre 2011

IL DECALOGO DELLA QUOTIDIANITA' - Papa Giovanni XXIII

1) Solo per oggi, cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere il problema della mia vita tutto in una volta.
2) Solo per oggi, avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà; non alzerò la voce; sarò cortese nei modi; non criticherò nessuno; non pretenderò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso.
3) Solo per oggi, sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell'altro mondo, ma anche in questo.
4) Solo per oggi, mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino tutte ai miei desideri.
5) Solo per oggi, dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell'anima.
6) Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
7) Solo per oggi, farò almeno una cosa che non avrei gusto di fare, e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga.
8) Solo per oggi, mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino, ma lo farò. E mi guarderò da due malanni: la fretta e l'indecisione.
9) Solo per oggi, crederò fermamente, nonostante le apparenze, che la buona provvidenza di Dio si occupa di me come di nessun altro esistente al mondo.
10) Solo per oggi, non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà. 
Posso ben fare, per dodici ore, ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.

sabato 24 settembre 2011

ESISTE IL MALE? - Autore anonimo


Germania, Inizio del secolo XX
Durante una conferenza con vari universitari, un professore dell'Università di Berlino lanciò una sfida ai suoi alunni con la seguente domanda:
"Dio creò tutto quello che esiste?"
"Un alunno rispose con coraggio: "Sì, Lui creò tutto..."
"Realmente Dio creò tutto quello che esiste?" domandò di nuovo il maestro.
"Sì, signore", rispose il giovane.
Il professore replicò: "Se Dio ha creato tutto quello esiste, Dio ha fatto anche il male, visto che esiste il male! E se stabiliamo che le nostre azioni sono un riflesso di noi stessi, Dio è cattivo!"
Il giovane ammutolì di fronte alla risposta del maestro inorgoglito per aver dimostrato, ancora una volta, che la fede era un mito.
A questo punto un altro studente alzò la mano e disse: "Posso farle una domanda, professore?"
"Certamente", fu la risposta del professore.
Il giovane si alzò e chiese: "Professore, il freddo esiste?"
"Ma che domanda è questa? Logico che esiste... o per caso non hai mai sentito freddo?"
Il ragazzo rispose: "In realtà, signore, il freddo non esiste. Secondo le leggi della Fisica, quello che consideriamo freddo, in realtà è l'assenza di calore. Ogni corpo o oggetto lo si può studiare quando possiede o trasmette energia; il calore è quello che permette al corpo di trattenere o trasmettere energia. Lo zero assoluto è l'assenza totale di calore; tutti i corpi rimangono inerti, incapaci di reagire, però il freddo non esiste. Abbiamo creato questa definizione per descrivere come ci sentiamo quando non abbiamo calore".
"E... esiste l'oscurità?" continuò subito dopo lo studente.
Il professore rispose: "Esiste eccome!"
Il ragazzo allora ripigliò: "Neppure l'oscurità esiste. L'oscurità, in realtà, è l'assenza di luce. La luce la possiamo studiare, l'oscurità, no! Attraverso il prisma di Nichols, si può scomporre la luce bianca nei suoi vari colori, con le sue differenti lunghezze d'onda. L'oscurità, no! Come si può conoscere il grado di oscurità in un determinato spazio? In base alla quantità di luce presente in quello spazio. L'oscurità è una definizione usata dall'uomo per descrivere il grado di buio quando non c'è luce."
Per concludere, il giovane chiese al professore: "Signore, il Male esiste?"
E il professore rispose imbarazzato: "Come ho affermato all'inizio, vediamo stupri, crimini, violenza in tutto il mondo. Queste cose sono il male."
Lo studente concluse: "Il male non esiste, signore, o per lo meno non esiste da se stesso. Il male è semplicemente l'assenza di bene... Conforme ai casi anteriori, il male è una definizione che l'uomo ha inventato per descrivere l'assenza di Dio. Dio non creò il male... Il male è il risultato dell'assenza di Dio nel cuore degli esseri umani. Lo stesso succede con il freddo, quando non c'è calore, o con l'oscurità, quando non c'è luce."
Il giovane fu applaudito da tutti in piedi, e il maestro, annichilito, rimase in silenzio.
Il rettore dell'Università si diresse verso il giovane studente e gli domandò: "Qual è il tuo nome?"
"Mi chiamo Albert Einstein."

mercoledì 21 settembre 2011

INFERNO E PARADISO - Storia Zen


Dopo una lunga ed eroica vita, un valoroso samurai giunse nell’aldilà e fu al paradiso. Era un tipo pieno di curiosità e chiese di poter dare prima un’occhiata anche all’inferno.
Un angelo lo accontentò e lo condusse all’inferno.
Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi e pietanze succulente e di golosità inimmaginabili. Ma i commensali, che sedevano tutt’intorno, erano smunti, pallidi e scheletriti da far pietà.
“Com’è possibile?”, chiese il samurai alla sua guida. “Con tutto quel ben di Dio davanti!”.
“Vedi: quando arrivano qui, ricevono tutti due bastoncini, quelli che si usano come posate per mangiare, solo che sono lunghi più di un metro e devono essere rigorosamente impugnati all’estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla bocca”.
Il samurai rabbrividì. Era terribile la punizione di quei poveretti che, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a mettersi neppur una briciola sotto i denti.
Non volle vedere altro e chiese di andare subito in paradiso. Qui lo attendeva una sorpresa. Il paradiso era un salone assolutamente identico all’inferno! Dentro l’immenso salone c’era l’infinita tavolata di gente; un’identica sfilata di piatti deliziosi. Non solo: tutti i commensali erano muniti degli stessi bastoncini lunghi più di un metro, da impugnare all’estremità per portarsi il cibo alla bocca.
C’era una sola differenza: qui la gente intorno al tavolo era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia.
“Ma com’è possibile?”, chiese il samurai.
L’angelo sorrise: “All’inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo e portarlo alla propria bocca, perché si sono sempre comportati così nella vita. Qui, al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si occupa di imboccare il proprio vicino”.

martedì 20 settembre 2011

LA RIVOLUZIONE INTERIORE - Tiziano Terzani


La malattia di cui oggi soffre gran parte dell'umanità è inafferrabile, non definibile. Tutti si sentono più o meno tristi, sfruttati, depressi, ma non hanno un obiettivo contro cui riversare la propria rabbia o a cui rivolgere la propria speranza. Un tempo il potere da cui uno si sentiva oppresso aveva sedi, simboli, e la rivolta si dirigeva contro quelli.
Ma oggi? Dov'è il centro del potere che immiserisce le nostre vite?

Bisogna forse accettare una volta per tutte che quel centro è dentro di noi e che solo una grande rivoluzione interiore può cambiare le cose, visto che tutte le rivoluzioni fatte fuori non han cambiato granché.

Perché non esistono scorciatoie a nulla: non certo alla salute, non alla felicità o alla saggezza. Niente di tutto questo può essere istantaneo. Ognuno deve cercare a modo suo, ognuno deve fare il proprio cammino, perché uno stesso posto può significare cose diverse a seconda di chi lo visita.



Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra. Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo

lunedì 19 settembre 2011

REALIZZA L'UNITA' - Bhagavad Gita



Liberati dalla collera e dal desiderio, che sono le sorgenti del peccato e del contrasto, per realizzare l’unità dentro di te.
E’ l’essenza dello yoga; è il mezzo grazie al quale tu impari a conoscere l’anima e a raggiungere il grado più elevato di spiritualità.
Impara a meditare. Ferma gli occhi; calma il respiro; fai convergere la tua attenzione sul centro della coscienza.
Dominerai così i sensi, le emozioni e il pensiero – e ti libererai dal desiderio e dalla collera.


Bhagavad Gita

domenica 18 settembre 2011

LA TRAPPOLA DELLE ETICHETTE - Anthony De Mello



Paddy sta camminando lungo le strade di Belfast e a un certo punto si sente puntare una pistola alla nuca, e una voce gli chiede: “Sei cattolico o protestante?”.
Paddy è costretto a pensare in fretta e risponde:”Sono ebreo”.
E sente la voce che dice: “Devo proprio essere l’arabo più fortunato di tutta Belfast”.
 Le etichette sono davvero importanti per noi. Passiamo gran parte della nostra vita a reagire a delle etichette, le nostre e quelle degli altri.
Mark Twain ha espresso molto bene il concetto scrivendo: "Faceva talmente freddo che se il termometro fosse stato più lungo di due centimetri saremmo morti congelati".
Noi moriamo davvero congelati a causa delle parole. Non è il freddo che c'è fuori che conta, ma il termometro. Non è la realtà che conta, ma quel che diciamo a noi stessi riguardo alla realtà.
Mi è stata raccontata una storiella interessante su un agricoltore finlandese. Quando si stava tracciando il confine russo-finnico, l'agricoltore doveva decidere se preferiva stare in Russia o in Finlandia. Dopo lungo tempo, decise che preferiva stare in Finlandia, ma non voleva offendere gli ufficiali russi. Questi vennero a fargli visita, e vollero sapere perché voleva stare in Finlandia. Il contadino rispose: "E' sempre stato mio desiderio vivere nella Grande Madre Russia, ma credo che alla mia età non sopravviverei a un altro inverno russo".
La Russia e la Finlandia sono solo parole, concetti, ma non per gli esseri umani, per i folli esseri umani. Non guardiamo quasi mai la realtà.

Anthony De Mello, Messaggio per un’aquila che si crede un pollo, p. 54-55, 151-152.

sabato 17 settembre 2011

LETTERA AL FIGLIO - Rudyard Kipling


Se riesci a mantenere la calma quando tutti gli altri intorno a te la stanno perdendo e danno la colpa a te;
Se sai di aver fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te, tenendo però nel giusto conto i loro dubbi;
Se sai aspettare senza stancarti di aspettare, o essendo calunniato non rispondere alle calunnie, o essendo odiato non dare spazio all’odio, senza tuttavia sembrare troppo buono, e parlare troppo da saggio;
Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni;
Se sai pensare senza fare dei pensieri il tuo fine;
Se sai incontrarti con il successo e la sconfitta e trattare questi due impostori proprio allo stesso modo;
Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto, distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per ingenui; o guardare le cose, per le quali hai dato la vita, distrutte, e umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori;
Se sai fare un’unica pila delle tue vittorie e rischiarla in un solo colpo a testa o croce, e perdere, e ricominciare di nuovo dall’inizio senza mai lasciarti sfuggire una parola su quello che hai perso;
Se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi a sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti più e così a resistere quando in te non c’è più nulla tranne la volontà che dice loro: "Resistete!"
Se sai parlare con i disonesti senza perdere la tua onestà o passeggiare con i re senza perdere il tuo comportamento normale;
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi;
Se per te contano tutti gli uomini, ma nessuno troppo;
Se riesci a riempire l’inesorabile minuto dando valore a ogni istante che passa,
tua è la Terra e tutto ciò che vi è in essa, e quel che più conta tu sarai un Uomo, figlio mio!

martedì 13 settembre 2011

AZIONI DEGNE DI VALORE - Paulo Coelho


Mostratevi coraggiosi. Aprite il vostro cuore e ascoltate ciò che dice. Perseguite i vostri sogni, giacché soltanto chi non si vergogna di se stesso è in grado di rivelare al mondo la gloria di Dio.
Il peccato più grande è la mancanza d’amore. Mostratevi coraggiosi, imponetevi di amare, anche quando l’amore vi sembra un sentimento traditore e infido. Rallegratevi dell’amore. Gioite nella vittoria. Seguite le indicazioni dei vostri cuori.
Rispettate tranquillamente i vostri obblighi: ciò non impedirà a nessuno di perseguire i propri sogni. Ricordatevi che anch’essi sono una manifestazione dell’Assoluto.
In questa vita, sforzatevi di compiere solo azioni degne di valore.
Paulo Coelho, Le valchirie, p. 116-117

lunedì 12 settembre 2011

24. LA NOSTRA AVVENTURA - Francesco Callegari


Inizia in questi giorni il mio incarico come dirigente titolare dell’Istituto Comprensivo di Villafranca Padovana.
Anche se, negli ultimi anni, sono stato impegnato in un’altra zona della provincia, le scuole dei comuni di Villafranca Padovana e di Campodoro hanno sempre mantenuto un posto particolare nella mia mente e nel mio cuore.
Ora ritorno tra voi con gioia e grande entusiasmo, ma anche con tanto rispetto. Ogni Scuola ha una propria identità, un’anima costruita nel tempo attraverso le esperienze e le prove passate.  E quest’anima deve essere compresa e rispettata.
Certo, siete voi i primi a farmi notare le cose che devono essere migliorate, e di questo vi ringrazio. Siamo tutti consapevoli, in ogni caso, che la strada finora percorsa rappresenta un bagaglio ricco e prezioso da cui partire per fare della nostra scuola una scuola sempre migliore.
Una scuola che io da sempre sogno così:
  • Sogno una scuola che aiuti a dare senso a ciò che si insegna e a trovare significato e risposte in quello che si apprende;
  • una scuola che accompagni il ragazzo nel cammino, ma gli mostri anche come spesso è il difficile a diventare cammino;
  • una scuola che sappia percorrere le vie della conoscenza e della tradizione, ma abbia anche il coraggio di imboccare i sentieri dello stupore e della meraviglia;
  • una scuola che si mostri sicura di sé, ma sappia anche piangere di fronte a un fiume inquinato o a una farfalla dalle ali spezzate;
  • una scuola che insegni quello che serve per la vita, ma faccia amare anche la bellezza, la poesia e la soavità dell’apparentemente inutile;
  • una scuola che presenti i contenuti importanti della nostra civiltà, ma sappia anche riconoscere e rispettare i valori degli altri popoli della terra;
  • una scuola che insegni a rispettare le regole, ma spieghi anche le ragioni profonde del vivere insieme;
  • una scuola che porti al successo tutti i propri allievi, ma sappia anche riconoscere quale debba essere il “giusto” successo per ciascuno;
  • una scuola che spinga ciascuno a dare il meglio di sé, ma sappia anche premiare con generosità chi si impegna per farlo;
  • una scuola dove si lavori e si studi bene, perché il benessere di ciascuno diventa il benessere di tutti;
  • una scuola che chiede tanto, perché è pronta a dare tanto;
  • una scuola che, in definitiva, insegni a essere e insegni a vivere.

Ecco, questa è la scuola che io desidero per i nostri allievi, vostri figli.
E questo sogno può diventare il nostro progetto, se vorrete farlo anche vostro. E questa avventura, potrà diventare la nostra avventura se la vorrete vivere assieme a noi.
Buon inizio e buona strada
                                                                          Francesco Callegari
                                                                                                       Dirigente Scolastico

sabato 10 settembre 2011

3. PERCHE' INSEGNARE - Franco Venturella


"Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio ad averla piena.
Insistono perché io scriva per loro un metodo, precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica.
Sbagliano domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare,
ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola"

Lorenzo Milani, Esperienze Pastorali, LEF, Firenze 1957, p. 234
         
Più che di strumenti, di metodi, di contenuti, la scuola ha bisogno oggi di ritrovare il significato della propria funzione, di riscoprire il senso di un compito educativo e didattico, che una volta erano già assegnati e riconosciuti e che oggi stentano ad essere colti dalla società e, a volte, dagli stessi docenti e operatori della scuola.
La perdita di senso produce caduta della motivazione: senza passione per il sapere, senza partecipazione emotiva, non è possibile una comunicazione efficace. L’alunno apprende più volentieri se il docente sa stabilire una relazione interpersonale viva e motivante, perché il sapere passa attraverso la capacità del docente di far comprendere che quelle competenze che intende promuovere hanno un senso nella formazione della persona, anche se apparentemente possano sembrare non direttamente funzionali e utili alla vita di ogni giorno.
La scuola ha bisogno di un grande respiro culturale, di un supplemento d’anima.
Sono convinto che noi potremo recuperare gli studenti all’apprendimento se sapremo offrire ragioni valide per cui valga la pena impegnarsi, restituendo un senso alla fatica di ogni giorno: nessuno di noi è disponibile a fare uno sforzo immotivato. Per la mia generazione bastava appellarsi al senso del dovere, alla responsabilità, all’idea che la fatica e lo sforzo avevano un valore educativo intrinseco. Oggi questo non basta: le nuove generazioni, abituate dalla società degli adulti ad impegnarsi a condizione che vi sia un’utilità immediata e un vantaggio personale, stentano a trovare per tutte le discipline la motivazione ad operare, perché non sempre riescono a comprenderne il significato. Abbiamo bisogno di far percepire loro la bellezza della conoscenza, il gusto della ricerca, la gioia della scoperta, il valore della gratuità, l’utilità di una astrazione e di un ragionamento.
Ecco, mentre li conduciamo lungo i percorsi della grammatica, della sintassi, dell’algebra e della geometria, dovremmo far loro provare “la nostalgia del mare infinito” e di un grande sogno, la vertigine di un’intuizione non preconfezionata ma cercata e sperimentata, il senso della strada da percorrere per scoprire orizzonti di verità, di bontà, di giustizia, di nuova umanità. Nessuna strategia organizzativa e didattica, seppure innovativa, può risultare efficace, se non inserita in un contesto di significato. E prima di tutto è il docente chiamato a rendere visibile quella passione per la materia che insegna e che forse ha determinato, all’inizio, la sua stessa scelta di vita: e se c’è una vera passione, la comunicazione del sapere diventa più facile e immediata e incrocia le vie del cuore prima che quelle della mente.

venerdì 9 settembre 2011

2. COME INSEGNARE - Franco Venturella



"Finché porterai un sogno nel cuore
non perderai mai il senso della vita"
Mahatma Gandhi


Non basta affermare che il modo di apprendere dei ragazzi è cambiato rispetto al passato: occorre trovare insieme i modi nuovi attraverso cui è resa possibile l’acquisizione di conoscenze e competenze da parte degli alunni.
La questione metodologica, dunque, diventa centrale e strategica: il successo formativo, il raggiungimento degli obiettivi passa attraverso il “come” comunicare il sapere, come motivare i ragazzi e suscitare interesse verso contenuti spesso lontani dalla loro esperienza di vita, come far apprendere un metodo di studio efficace, soprattutto in un contesto socio-culturale dispersivo, che non abitua i soggetti alla concentrazione e alla fatica.
Un aspetto importante, della cui mancanza si lamentano spesso i docenti, è quello del metodo di studio da far acquisire agli alunni. Un metodo si apprende con l’esercizio progressivo ed è strettamente legato alle discipline. Se i ragazzi non hanno metodo, devono poterlo apprendere nella scuola, attraverso la sapiente guida dei docenti.
La riforma insiste sulla necessità di privilegiare la didattica laboratoriale, che si fonda sul coinvolgimento e sulla partecipazione attiva del soggetto che apprende.
Un’altra riflessione va fatta quando nella classe una percentuale elevata di alunni non raggiunge esiti positivi. Occorre chiedersi: come mai questo insegnamento non riesce a produrre i risultati attesi? Ci possono essere varie risposte, ma molto spesso la causa va fatta risalire alla scelta di un metodo non coerente con i processi di apprendimento degli alunni. In tale caso, occorre individuare nuove strategie e nuovi modelli organizzativi della didattica che consentano un graduale miglioramento dei risultati.
Per questo, ogni Istituzione scolastica è chiamata a diventare un laboratorio di ricerca, di riflessione, di sperimentazione, secondo quanto già previsto dalla Legge sull’autonomia. 

giovedì 8 settembre 2011

1. COSA INSEGNARE - Franco Venturella


“Non insegno mai nulla ai miei allievi.
Cerco solo di metterli in condizione di poter imparare”
( Albert Einstein )

Siamo già all’avvio di un nuovo anno scolastico, che si presenta particolarmente impegnativo.
Un anno che presenta anche il conto degli studenti persi lungo la strada. Di essi parlano le aride statistiche, accolte spesso con senso di compiacimento, come segno della riacquisita serietà della scuola, ma che denunciano la difficoltà di una istituzione a raggiungere gli standard fissati negli accordi a livello europeo.
La scuola non può limitarsi a certificare una situazione di svantaggio: dovrebbe, invece, costituire quell’ascensore sociale capace di permettere ad ogni soggetto di acquisire strumenti cognitivi e operativi per accedere a livelli più alti di responsabilità. A tutti, infatti, la scuola - secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione - dovrebbe garantire conoscenze e competenze essenziali per vivere in modo consapevole, autonomo e per esercitare una cittadinanza attiva orientata al bene comune: sono quelle “competenze di cittadinanza” che costituiscono la base formativa comune a tutti gli studenti europei. Ridurre il numero degli studenti “bocciati” deve costituire un impegno prioritario per tutte le Istituzioni scolastiche, concentrando su tale obiettivo strategico professionalità, risorse finanziarie e interventi mirati, eliminando l’eccesso di progetti.
Proprio per affrontare questi problemi, penso che tutti gli operatori della scuola, ma soprattutto i docenti, siano chiamati a rispondere a tre questioni fondamentali: “cosa insegnare”,  “come insegnare”, “perché insegnare”.
Di fronte all’ampliarsi a dismisura delle conoscenze, si pone l’esigenza di individuare ciò che è ritenuto essenziale per la comprensione dei fenomeni culturali, scientifici, sociali e l’acquisizione di solide competenze per affrontare in modo consapevole i processi di cambiamento e progettare il futuro. In definitiva, di quale bagaglio culturale devono poter disporre le nuove generazioni per essere in grado di leggere la realtà, di analizzare criticamente i diversi fenomeni e per agire in modo coerente e progettuale?
La sfida, per la scuola, è dunque quella di liberarsi dalla tentazione di riempire la testa degli alunni di una serie, spesso confusa, di dati e nozioni e di aiutarli a possedere le conoscenze fondamentali e le chiavi di lettura, di analisi e di interpretazione della realtà, attraverso l’interiorizzazione di schemi logico-concettuali mediante i quali integrare i diversi saperi. Occorre passare – come ci suggerisce Edgar Morin - dalla testa piena alla testa ben fatta. Per realizzare ciò, la scuola, attraverso la riflessione della comunità professionale dei docenti, deve individuare i “saperi essenziali”, i saperi fondativi, e aiutare gli alunni ad un apprendimento autonomo.
In ogni caso, risulta di fondamentale importanza il riferimento ai quattro pilastri dell’educazione indicati dalla Commissione Delors e che ci richiamano ad alcune imprescindibili competenze trasversali: imparare a conoscere (e quindi possedere una cultura generale di base che permette di avere gli strumenti per l’acquisizione graduale e progressiva delle conoscenze), imparare a fare (e quindi trasformare le conoscenze in competenze necessarie alla vita sociale e professionale), imparare a vivere con gli altri (e quindi  educarsi all’esercizio della cittadinanza, al rispetto dell’altro e della diversità, alla cooperazione, alla legalità, al bene comune) e soprattutto imparare ad essere (e quindi ad assumersi le responsabilità di uomini e di cittadini chiamati a costruire un nuovo umanesimo per sé e per gli altri).
Franco Venturella è il dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Vicenza

lunedì 5 settembre 2011

SERENITA' - Reinhold Niebuhr

Toledo (2009)

"Signore, dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio e la forza di cambiare quelle che posso cambiare
e la saggezza che mi serve per distinguere le une dalle altre"



Da  Preghiera della serenità di Reinhold Niebuhr

sabato 3 settembre 2011

ITACA - Costantino Kavafis


Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d'incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga
che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche aromi
penetranti d'ogni sorta, più aromi
inebrianti che puoi,
va' in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca
- raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.


Costantinos Kavafis, Cinquantacinque poesie, Einaudi, Torino
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