Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

domenica 27 settembre 2015

43. UNA LEZIONE TRA LE SBARRE – Francesco Callegari


Il mio primo incarico come dirigente l’ho ottenuto in una scuola media con annessa sezione carceraria. 
Una mattina di settembre del 2007, preside di fresca nomina, mi recai alla Casa di reclusione per far visita alla scuola del carcere. Già entrare all’interno del penitenziario non fu cosa di poco conto: cancelli, guardie e controlli si succedevano a ogni piè sospinto e io pensavo che se era così difficile entrare, quanto complicato sarebbe stato l’uscirne? Finalmente giunto alla zona delle aule, nel cuore del carcere dove nemmeno gli avvocati avevano accesso, i prof mi presentarono gli allievi uno dopo l'altro indicandomi tutte le attività che stavano svolgendo e sottolineandone i progressi scolastici e i molteplici interessi. Tutti gli allievi, adulti fatti, mi venivano presentati come i “loro ragazzi”, allievi "normali", con i loro pregi e anche con i soliti difetti di chi talvolta ha poca voglia di studiare e marina volentieri le lezioni. 
Ma, mi chiedevo, se erano lì, tanto normali non dovevano essere. Non stiamo parlando di un carcere che accoglie ladruncoli di strada, ma di una Casa di reclusione regionale che rinchiude mafiosi del 41 bis, pedofili e pluriomicidi. E così, durante il consiglio di classe, io candidamente cominciai a chiedere ai professori i motivi delle condanne, e per quanti anni, e se erano pericolosi, e tutte queste cose. 
Le mie domande caddero in un silenzio imbarazzato. 
Con semplicità, mi spiegarono che loro non avevano la minima idea dei delitti di cui i loro allievi si erano macchiati, e non volevano conoscere nulla della loro storia passata per non essere influenzati nel loro lavoro qui e ora. Non erano sprovveduti e sapevano benissimo di non avere a che fare con gli angioletti dell'acquasantiera, ma non volevano correre il rischio di entrare nel vortice nefasto della profezia che si autoavvera. Il loro lavoro era quello di insegnare alle persone che avevano di fronte in quel preciso momento, e solo se la loro mente e il loro cuore fossero stati liberi da pregiudizi ci sarebbero riusciti. 
Non sto parlando di insegnanti speciali, con chissà quali specifiche competenze, sto parlando di normali professori, che però avevano compreso profondamente ciò che io, allora, non avevo ancora capito.
Da quel momento, ho amato quegli insegnanti e ho continuato ad ammirarli come si ammirano gli eroi nascosti che fanno il loro dovere, con la testa e con il cuore, ogni giorno.  
Per me, è stata una lezione grandissima, che non dimenticherò mai. Ve la dono, affinché sia anche per voi motivo di esempio e di riflessione.   
27 settembre 2015



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